Il concerto improvvisato dagli uccelli tra le fronde rigogliose degli arbusti verdeggianti, il loro cinguettio brioso nei floridi giardini dei pomeriggi d’estate, la gaia melodia dei passeri sui
rami soleggiati dei parchi cittadini; la piacevole brezza che discreta sospira e solleva leggiadra le tende della stanza ove sonnecchio beato, il sereno torpore che mi culla disteso sul prato dei
sogni di ieri, il venticello che smuove cortese le foglie civette degli alberi ascetici; le nuvole snelle che lente abbandonano il cielo pulito, blu di limpida chiarezza, il placido sole posato,
tranquillo, là in alto che irradia l’allegra stagione, il mare silente che azzurro riflette estasiato la splendida arcata che l’abbaglia.
Ti seguo, poeta dalle suole di vento, Rimbaud mio prediletto: “Nelle sere blu d’estate me ne andrò per i sentieri / punzecchiato dal grano, a
pestar l’erba fine: / sentirò, trasognato, quella frescura ai piedi / e lascerò che il vento bagni il mio capo nudo. / Io non dirò parole, non penserò più nulla: / ma l’amore infinito mi salirà
nel petto, / e lontano, lontano, andrò come uno zingaro / nella Natura, – lieto come con una donna”.
Agile e svelto, in questi pochi versi il poeta francese – morto giovane alla poesia – ci offre il suo lascito spirituale, fatto di spensieratezza,
semplicità e spontaneità, di “vento che bagna il capo nudo” nella natura.
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